La rete ferroviaria da quando esiste, ne ha partorito un’altra di pensieri che certamente sopravanza la prima. I treni hanno unito il Paese. Croce e delizia inevitabile, veicolo di epopee. Nei vagoni hanno trovato posto più storie che persone. Nell’intimità degli scompartimenti, con la loro irresistibile induzione alla chiacchiera, c’è infatti chi ha raccontato se stesso ma anche altri che non erano lì. Storie, sorprendenti confidenze, addirittura confessioni. Il treno è come una terra di nessuno la testa ci fa dire che ci si può aprire a sconosciuti. Tanto poi ci sono le stazioni a rimettere le cose a posto e quando si scende si torna nei panni quotidiani quali che siano.
Ora ci sono i treni-autobus, quelli senza scompartimento. Ed è già un’altra cosa. La modernità ha attutito il fascino del sentirsi una micro-comunità in cammino che si racconta mentre si sposta. Ora il suggerimento è un altro: se sul treno sei solo, te ne stai zitto. E ti perdi un mondo. Come fai a capire se in una persona, appena salita, si cela un “portatore di storie”?
Ecco perché l’io narrante di questo libro è uno che sale sui treni esclusivamente per cercare personaggi da aggiungere alla sua singolare collezione. E ogni chiacchierata diventa, a suo modo, paradigma di vita, corruccio di un rimpianto o speranza di realizzare un sogno. E gioia e mestizia, arguzia e tristezza si mischiano e diventano un canto corale guidato dal metronomo delle ruote sulle giunture dei binari. Fino alla prossima stazione dove tante storie scendono e si perdono nel mondo ma altre ne salgono e passano a trovarci. Ecco perché su un treno non ci si annoia. Mai.