L’unico assassino seriale che si ricordi nella storia criminale di Palermo, l’unico che per un decennio è riuscito a sfuggire alle forze dell’ordine malgrado fosse presente in decine di indagini, l’unico rimasto perfettamente sconosciuto persino a Cosa Nostra.
Una storia incredibile, degna di un avvincente noir, se non fosse assolutamente vera e documentata da inchieste giudiziarie e sentenze di tribunali di mezza Italia, raccontata in modo crudo ed essenziale dal giornalista de “La Repubblica” Lucio Luca.
“A Palermo sembrava tutto tranquillo, molto tranquillo – scrive l’inviato di Repubblica Attilio Bolzoni nella seconda e terza di copertina del volume – la mafia non sparava più. E l’aveva anche fatto sapere: basta con le stragi, basta con la violenza e il terrore. C’era però qualcun altro che sparava a Palermo. Chi?”.
Antonino Velio Sprio è un anonimo impiegato della Regione Siciliana. Ha cinquantasei anni, una moglie casalinga, due figli ormai grandi. Ma ha una vita segreta. Bisogna partire dalla fine, cioè dal momento del suo arresto, per raccontare la sua storia, costellata di punizioni morbose, sicari prezzolati mandati a uccidere per moventi meschini, presunte offese, rancori, invidie e paure che nel tempo si sono trasformate in vere e proprie ossessioni.
Il fornaio di Firenze, un rappresentante di libri, un avvocato penalista, due funzionari regionali: un filo invisibile lega i cinque omicidi, “un filo che è dentro quel labirinto di follia che è il cervello di Antonino Velio Sprio”, come sostiene Bolzoni. La violenza e le fobie dell’impiegato della Regione affiorano, capitolo dopo capitolo, a partire dall’intrecciato rapporto fra due uomini: uno è il magistrato che raccoglie una confessione, l’altro è il sicario “preferito” di Antonino Velio Sprio che decide finalmente “di liberarsi l’anima”.